sabato 1 ottobre 2011

5 STATI, 3200 Km percorsi in auto, 4 fusi orari diversi, 2500 foto scattate

Dato che è sabato mattina ma il jet lag ha deciso di svegliarmi completamente alle 6:30, ho deciso di buttare giù un po’ di ricordi in ordine sparso, magari vi saranno utili, magari vi ci ritroverete o magari no.

Pier 39, San Francisco: come l’ha definita Ele (mia moglie) “una trappola per turisti”, d’altro canto non è che ci sia molto altro da vedere in città, sembra di stare in un parco divertimenti con ambientazione marinaresca solo che non ci sono attrazioni ma solo negozi con souvenir e ristoranti.

San Francisco: forse mi aspettavo troppo dalla città del golden gate ma non mi ha entusiasmato per niente, 3 cose da vedere e nient'altro.
La cosa che mi ha colpito di più è la quantità incredibile di barboni, non è una questione di razzismo e neanche di novità (abito a Roma vicino alla stazione Tiburtina) è una vera e propria constatazione, ovviamente il numero scende nei punti più turistici, ma basta allontanarsi un attimo o salire su un qualsiasi mezzo pubblico per incontrarne a decine.

Parchi naturali: Yosemite, death valley, Bryce Canyon, monument Valley, Gran Canyon, li unisco tutti insieme per fare una constatazione: organizziamo meglio le risorse turistiche italiane, eliminiamo qualche cacciatore e poi l’Italia potrebbe vivere solo di turisti e attività connesse.
Organizzazione e conservazione perfetta in ognuno di essi.

Il caldo alla death valley:
impressionante, 45 gradi di giorno 40 di notte, esci dalla macchina e dopo pochi minuti ti ritrovi con la bocca e la gola completamente asciutti.
Una sete mai provata e la sensazione di non dissetarti mai.

Las Vegas: non si può descrivere, mi ha sorpreso in bene e in male, la capitale del pacchiano e del lusso.
Incredibile cosa si possa creare con i soldi dei giocatori d’azzardo.
Chiamare casinò quei “mostri” è riduttivo in tutti i sensi perché oltre all’estetica esterna ed interna, quello che colpisce è che ognuno di essi ha un suo centro commerciale pieno di negozi.

Sono tutti collegati, ci sono pochissime uscite e la possibilità di perdersi è notevole, a noi è successo più volte e ci è capitato di entrare in un casinò ed uscire da un altro senza accorgercene.
Ricordi: le montagne russe che passano dentro il casinò nel new york new york, i canali del Venezia fuori e dentro il casinò, gli omini waterwateronedollarwater, le stanze dentro la piramide del Luxor.

Le strade fuori dalle città: infinite e dritte, per fortuna c’era il cruise control che ci ha aiutato, altrimenti sarebbe stato facilissimo superare i limiti.

Adopt an highway: sugli oltre 3000 km percorsi non abbiamo pagato neanche un pedaggio pur percorrendo diverse autostrade, quella del non avere strade a pedaggio è sicuramente una politica USA ma tutto questo è sicuramente aiutato da questo servizio: praticamente ogni miglio compare un piccolo cartello il cui spazio può essere acquistato per metterci pubblicità o dedicarlo a qualcuno e ce ne erano parecchi di cartelli occupati. Geniale.

Los Angeles: mi è stata massacrata un po’ da tutti coloro che ci sono stati, invece a me è piaciuta e mi sarebbe piaciuto avere uno o due giorni in più per visitare altre parti che non siamo riusciti a vedere (Venice e Downtown).
Il problema sono le distanze perché non essendoci un vero e proprio centro in cui sono concentrat monumenti, attrazioni, etc, bisogna spostarsi anche di 20/30 km in mezzo al traffico della città per apprezzare i punti di interesse e di traffico ce n'è parecchio.

Gli spazi: immensi, disabitati per centinaia di chilometri, altri con casette abitate, sperdute e lontane da tutto e da tutti, cittadine di 10 15 mila abitanti distanti 80/100 miglia da quelle successive, ci credo che nei telefilm americani i ragazzi non vedono l’ora di evadere dalle cittadine per andare al college.

La gratuity: ovvero come “legalizzare” il pagamento in nero del 15 % dei compensi per tutti i servizi, perché non è una semplice mancia, oltre ad essere entrato nella cultura USA alcuni ristoranti la inseriscono già compilata direttamente delle voci dello scontrino.
Quindi dato che i prezzi da menu sono senza tasse e ovviamente senza gratuity alla fine ti ritrovi con un conto “pompato” del 23, 25%.

Hawaiani: cultura fantastica a 360 gradi, l’integrazione perfetta uomo natura, l’ospitalità, i sorrisi, perfino la lingua è dolce e suadente.
Bisogna dire che l’isolamento geografico aiuta: essere distanti 4000 Km dal continente più vicino permette ed allo stesso obbliga a creare un ecosistema in tutto e per tutto indipendente che quindi risente molto poco di tutto ciò che avviene nel resto del mondo, lo stress rimane oltreoceano.
Sono simpatici, cortesi e tranquilli perfino i poliziotti aeroportuali.

Commercio Hawaii: se entrate in un negozio di souvenir al centro di Roma quanti oggetti troverete con scritto made in China? Penso un buon 90%, per una volta non è una questione italiana, era per fare un esempio, a San Francisco così come a Los Angeles, a New York o a Parigi/Londra la situazione è la stessa.
Quello che mi ha sorpreso è che a Maui questa percentuale si abbassa drasticamente, forse le cineaste raggiungono il 20%.
Come esempio vi riporto le classiche camicie Hawaiane, prodotto che potrebbe essere tranquillamente prodotto in Cina e poi rivenduto ad 1/3 del prezzo: sono quasi totalmente prodotte in loco e non pensate che sia una questione di prezzi già bassi perché si vendono dai 35 ai 100 dollari.

Ci sarebbero tante altre cose, sotto certi aspetti più importanti di queste ma per un quadro generale credo che basti.

Andrea

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